GLI OCCHI DI UMA

Beaumont sur Mer-Oggi aspetto qualcosa in silenzio, seduto sulla deserta spiaggia con i grigi capelli al vento e la malinconia di chi aspetta il ritorno di qualcosa che la Terra calabra ha perduto.

Nei pomeriggi, quando soffia il fresco maestrale e le onde si infrangono sui due scogli, chiunque, si ritrovi a passeggiare sul lungomare, riesce a udire, con un piccolo sforzo, il pianto delle donne calabresi che si confonde nel leggero rumore del mare di Ulisse che scongiura il tempo che passa per qualcosa che, forse, non tornerà più.

Quando capirò che gli esseri umani necessitano essere al servizio della gioia di tutti, allora tutti i meridionali come me saranno la più felice di tutte le procreazioni, perché avranno in mano dei mezzi che mai l’umanità ha avuto per impegnarsi a liberare i poveri dalla miseria, come auspicava lo straordinario scrittore algerino Albert Camus: “Non può esserci pace, libertà e giustizia possibile quando il denaro è ancora re. “

Qualcosa si è consumato, si è rotto ed è privo di forza. In particolare, i calabresi di oggi vivono le conseguenze di una trasformazione rapida della società dovuta alla modernizzazione del secolo scorso, dall’inflazione di informazione attraverso codici che non sono più quelli dello scrivere e del leggere ma privilegiano l’immagine come medium e da una visione del sapere basata sul connubio tra scienza ed economia.

Tornando a guardare il grande Mare, ricordo Uma, il nero labrador di Lorenza che appagata nuotava nei pressi degli scogli d’Isca. Tagliava l’aria con la coda perché in lei era assente ogni sospetto e sapeva che non c’era nessuno che voleva pigliarla per quella parte indifesa. A volte, però, veniva assalita da un dubbio: forse qualcuno non le voleva bene. Ma era solo un attimo, anche se sembrava una eternità, il dubbio veniva domato dalla sua coda che ululava al vento: “Adoro questo mare antico e questa gente”. Gigino A Pellegrini

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