IL PD AI MINIMI STORICI ANCHE PER COLPA DI PRIMARIE FINTE

          Les  jeux  sont  faits … Chi sarà a tentare la rinascita del PD? Stefano Bonaccini o Elly Schlein? E’ ufficialmente iniziata la corsa alla segreteria del partito dopo il deludente risultato ottenuto alle politiche del 25 settembre.  Peccato che l’uno e  l’altra si affidino ancora una volta allo strumento di  Primarie, finte e senza regole – e siano pertanto  destinati a finire nel Pantheon dei tanti segretari bruciati.

 Sono stati infatti ben sette i leader che si sono succeduti alla guida del PD  dalla sua fondazione nel 2007. Il primo fu Walter Veltroni e poi Franceschini, Bersani, Renzi, Martina,  Zingaretti ed Enrico Letta oltre alle reggenze di Epifani e Orfini. Quasi tutti vittime di Primarie false. Il primo fu Romano Prodi il 16 ottobre 2005 che sbaragliò il campo degli avversari con il 74,1 per cento di consensi: ben 3.182.686 voti su 4.311.149 votanti. Perché false? Si calcolò, allora,  che per ottenere questo risultato, gli elettori delle Primarie avrebbero dovuto votare ininterrottamente ogni 30 secondi dalle 8 alle 20. Praticamente impossibile, visti gli adempimenti richiesti ai gazebo: registrazione, lettura del documento di adesione all’Ulivo, voto e versamento del contributo minimo di 2 euro. Ma tant’è. Occorreva per Prodi una vera e propria “incoronazione” e così il risultato, d’accordo i capicorrente,  fu oltremodo gonfiato ma resse per meno di 2 anni, quando la coalizione si ruppe e  il leader dell’Ulivo fu costretto a dimettersi. E così negli anni successivi è avvenuto per tutti gli altri segretari politici.

          Per Bonaccini o la Schlein non sarà diverso perché il PD – nato da un amalgama mal riuscito –  non è stato capace di un’approfondita analisi sui motivi veri della sua crisi e perché anche questa volta saranno le correnti e i capibastone a decretare la vittoria dell’uno o dell’altra. Non è un mistero che Stefano Bonaccini sia nato da una costola di Matteo Renzi, e che capicorrente e capibastone tentino di riciclarsi   puntando proprio su Elly Schlein. Franceschini, che dicono sia un suo sponsor,  non s’è visto ma c’era la moglie. Assente Enrico Letta, che l’ ha portata in Parlamento, ma non il suo vice Peppe Provenzano. E con loro tanti ancora senza la tessera PD ma anche tanti personaggi legati alle vecchie correnti. Curiosità o “delegati” per interposta persona?

Il problema è che fino a quando il variegato Gruppo dirigente – anche sull’esempio dello scomparso Gerardo Bianco – non deciderà, con generosità, di farsi da parte e lasciare che forze nuove ne prendano il posto, il Partito non riuscirà di nuovo a decollare. La gente non ne può più delle solite facce dei Guerini, degli Orlando, dei Franceschini che nella società non hanno più presa,  ma che fanno il buono e cattivo tempo e decidono, loro,  chi portare in Parlamento. Come Letta con la Schlein.

Franceschini, tanto per fare un esempio, ai tempi di Fracanzani prima e della Bindi dopo, avrebbe potuto al massimo attaccare i manifesti elettorali, né più né meno come i Guerini o gli Orlando. E non parliamo delle donne, di fatto cooptate nei piani alti della Politica senza alcun valore aggiunto se non la differenza di genere.

Di Nilde Iotti o di Tina Anselmi tutti ancora parlano. Tra qualche anno ci sarà chi ricorderà le due attuali capigruppo (di cui mi sfugge il nome) o la moglie di Dario Franceschini? Sinceramente, ne dubito.

Un’ulteriore dimostrazione di come il PD non sia, oggi, né capra né cavolo? Le Primarie sono state fissate per il 19 febbraio, esattamente una settimana dopo le elezioni per il Lazio e la Lombardia.

Forse sarebbe stato più opportuno, vista l’assenza di una qualsiasi analisi e  i mesi buttati al vento dopo le dimissioni di Enrico Letta il 26 settembre, fissare queste primarie per novembre e andare con il nuovo segretario alle regionali del 19 febbraio, “giocando” anche sul l’effetto novità?     

Ma chiedere questo, a “questo” PD, francamente è troppo.

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