RESOCONTO

Beaumont sur Mer -Forse,ancora una volta, non è il caso di piangere sterilmente, quanto piuttosto di ritentare, di nuovo, la ricerca delle cause del flagello che si abbatte sul nostro paese ogni qualvolta si rinnova il governo Regionale

. Amare la propria terra è comunemente il sentimento più ancestrale e originario dell’umanità. La terra in cui si è nati significa essere dotato di radici, linfa, storia, educazione, valori, cultura, affetti, relazioni, lavoro e sacrifici, lingua.

È il terreno fertile su cui germoglia prima, cresce e fiorisce l’albero della vita, che può essere sradicato solo da uragani, dallo stesso uomo o dal taglio che lo recide. Ma anche in questi casi l’albero rivela le sue origini perché finisce col generare altri frutti il cui pregio deriva proprio dalla terra in cui è nato. Non si potrebbe non amare la propria terra. Ed io, come molti amo questa terra e questo paese che mi ha visto andar via parecchi anni orsono.

L’allora sindaco democristiano  del mio paese gridava dal pulpito elettorale “Fujitivinni!” (Scappate via). Questo suo dire era indirizzato ai giovani come me che andavano per le strade a cantare l’Internazionale comunista.

Del mio paese d’origine e del Sud, di nuovo oggi, si ricomincia a sentire quel lontano grido che invoglia le nuove generazioni ad andarsene da questa antica terra della Magna Grecia e da questo mare che ha visto l’Eroe di Itaca navigare, come racconta il divino Omero.

“La gente di Calabria è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca”. Cesare Pavese.
Non molto tempo fa, leggendo distrattamente ‘La Repubblica’, dalla rubrica di Corrado Augias, lo stesso giornalista e autore televisivo, rispondendo a dei lettori, proprio sul degrado meridionale, scriveva: “Il capolinea non esiste, il fondo non si tocca mai. Si continua a scendere. Pochi giorni fa, quasi nel centro di Napoli, la polizia che cercava di arrestare due rapinatori è stata assaltata dalla folla. E’ l’ennesimo episodio, destinato a ripetersi, di una Napoli dove il concetto di legalità è stato accantonato. E non da oggi”.

L’illustre giornalista avrebbe dovuto sentire la necessità di porsi almeno due domande, e cioè: cos’è una società moderna? E che cosa ha impedito al Meridione di evolversi? Una breve analisi, breve per necessità di spazio e perché si fa conto che tutti conoscano la nostra storia, potrà forse rintracciare delle risposte plausibili, e forse anche offrire delle ipotesi di soluzione all’Anziano giornalista con due bistecche sugli occhi.

Sono certo che la scrittrice polacca Kasimira Alberti gli avrebbe suggerito “Prova ad amarla anche tu! Forse anche a te essa aprirà il suo magico scrigno!

Quando Kazimiera Alberti ha compiuto il viaggio in Calabria, nell’estate del 1949, non scriveva più da tempo. Logorata dagli anni della guerra che le aveva portato via il marito, morto fucilato, cercava nella natura e nelle persone la Bellezza.

Quando fu il giorno della Calabria Dio si trovò in pugno 15000 kl.² di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese di due milioni di abitanti al massimo. Era teso in un maschio vigore creativo il Signore, e promise a sé stesso di fare un capolavoro”. Leonida Rèpaci

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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