CARENTE…

Beaumont sur Mer-Riordinando il mio archivio mentale, e non solo, ho rintracciato una mia foto scattata in un momento in cui si pensava di far saltare gli oscillatori umani ad alta stabilità. Per tutti noi che questa illusione non avemmo quasi mai , convinti come eravamo che la libertà bisognava conquistarsela con sforzi autonomi e collettivi. Oggi scopro con qualche rammarico che il male capitale della vita sta nell’assenza di ideali e di forti passioni, di impulsi spontanei e originalmente originari.

“…ho trovato quasi più giovani e certo più belle le signore ch’io conobbi or sono …molti anni …” Ugo Foscolo (più o meno).

Il viaggiare era il mio vivere ramingo. Il domicilio dell’essere errante. Vagavo nel mondo cercando il mio orizzonte e mezzi di sussistenza. A volte mi soffermavo a criticare gli uomini osservandone soltanto gli aspetti negativi, e non mi stupivo se la quotidianità era per l’uomo fonte di insoddisfazione.

Nei momenti più tristi pensavo che forse con un mutamento di prospettiva si sarebbe potuto incominciare ad osservare il panorama contemporaneo come un periodo caratterizzato da un diverso rapporto nei confronti dell’altro e del mondo. La fuga verso l’ignoto sembrava avere origine da una sorta di marcia verso le stelle, “una forma di richiamo all’infinito che sorgeva in modo regolare e non capriccioso, ma sempre assolutamente imprevedibile”.

Non sapevo mai se la mia voce riuscisse a aggiungere la volta celeste. Non sapevo mai se si potesse udire l’antico urlare. Una giovanissima Susanne Slay, qualche anno prima, in una piccola stanza che si affacciava sul mitico fiume, mi raccontava come una zolla di terra e un raggio di sole fecero visita ad un uomo solitario di nome G. Gli chiesero senza alcun preambolo di cercarsi una donna seguendo un sentiero, ignoto agli altri, fino ad arrivare ai piedi di una rupe.

 La donna era stata portata lassù da due grandi uccelli gelosi della sua bellezza, e la tenevano prigioniera in una tana tenebrosa e fredda. Il raggio di sole decise di aiutare G. a raggiungere il buio nascondiglio, evitando gli artigli e i becchi dei due grossi uccellacci. In quel momento e con un grande frastuono emerse dalla terra una gigantesca pietra a spirale, composta da colori brillanti, che rapidamente saliva verso il cielo.

G. si incamminò su per quel sentiero camuffato da cespuglio per non attirare l’attenzione dei due predatori. Cosi conciato salì e si introdusse attraverso un’apertura scura; e nella penombra vide la bellissima donna tessere un magnifico tappeto dai colori dell’arcobaleno, i cui motivi ricordavano i fiumi, i mari e le montagne. In quel momento gli uccelli lo videro e si precipitarono su di lui.

Un raggio di sole vegliava e intervenne sugli occhi degli uccelli, impedendo loro di raggiungere G. che riusciva a portar via la donna. Attraversato un ponte sospeso nel profondo della foresta, arrivarono ad una piccola baita di legno dove lei continuò a tessere meravigliosi tappeti.

Nella piccola casa sul Mare di Ulisse, illuminata dal sole, e circondata da fiori e alberi di frutta, la donna, però, cominciò a sentire nostalgia del buio e umido nascondiglio sulla rupe. Vedendola così triste, G., decise di non opporsi più al desiderio della donna amata e così l’accompagnò fino al ponte sospeso e la seguì con gli occhi pieni di lacrime mentre scompariva fra le strade dell’eterna Città.

Gigino A Pellegrini & G el Tarik

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