Il diario di Pietruzzo 36

GOVERNO SCHIAVO DI SALVINI

Abbiamo assistito in questi giorni – soprattutto sulla televisione di Stato e sui giornali di Destra – all’autocelebrazione di Meloni, Presidente del Consiglio di uno dei 7 governi più longevi dal dopoguerra. E’ vero ma chiedamoci il perché. Per quello che ha fatto? Poco o niente. Per le promesse elettorali non mantenute? Anzi. Per la compattezza della coalizione? Non direi. Per la sua qualità? Ma mi faccia il favore…, direbbe Totò. E allora? Il segreto di tanto successo sta in un cognome: Salvini!
Il segretario della Lega, da lupo travestito da pecora, fa il buono e cattivo tempo. Né più né meno come avveniva con il Conte 1 quando da Ministro dell’Interno trattò gli immigrati come “cani e porci”, ostacolando i loro salvataggi, tenendoli spesso in ostaggio sulle navi per giorni e giorni. E adesso con i giudici si rifugia nel ruolo di vittima: forte con i deboli e “agnellino” con chi lo deve giudicare.
Altro che, come ha detto, “vado a testa alta”. La verità è che Salvini ha paura. Non di finire in carcere, perché con i tre gradi di giudizio la sfangherà, ma per una condanna che potrebbe dare più forza alla componente della coalizione con la quale è in competizione: Forza Italia.
La coerenza del resto non è mai stata il suo “forte”. Basti pensare alle mani giunte a mo’ di pregheria e i crocefissi agitati in campagna elettorale che mal si coniugano con quello che fa e dice sui migranti.
Ed oggi – anche se debole nei sondaggi – ha capito di essere ugualmente indispensabile alla maggioranza ed è il solo ( per Tajani ci pensano i Berlusconi) a creare problemi a Giorgia Meloni, impossibilitata per la forza dei numeri a mandarlo a quel Paese. Come in realtà vorrebbe, fumantina com’è.
La Premier lo lascia a briglia sciolta sul Ponte sullo stretto che Salvini vede come materia di consenso, come avveniva per la lotta agli immigrati nel governo con i grillini.
Con consensi che non si schiodano dal 7/8 per cento, incalzato a destra dal generale Vannacci, il segretario della Lega spera di legare il suo nome alla costruzione di quest’opera faraonica che, per come è concepita, sembra voglia solo lui: Non gli italiani, non i governatori del Nord, non buona parte delle popolazioni interessate che preferirebbero una sistemazione strutturale dei rispettivi territori, non la stessa Premier alle prese con le difficoltà del premierato, i problemi della giustizia, il possibile referendum sull’autonomia differenziata, le “guerre” interne al Partito non aduso a guidare il Paese.
E tanto ci tiene che, nella manovra economica che prevede un tetto agli stipendi dei manager, Salvini ha ottenuto di escludere il Ponte sullo Stretto! Non solo ma – ben conscio della contrarietà di buona parte dei siciliani e dei calabresi – si è parato il c…lo con il decreto sicurezza che vieta manifestazioni di dissenso, anche non violente.
E Meloni? Subisce e lo lascia fare sperando nel…fattore tempo e nelle difficoltà che la costruzione del ponte potrebbe incontrare. Cane che abbaia… Meglio autocelebrarsi, anche se le notizie che arrivano dal ministero della Cultura non lasciano tranquilli. Ma – come per le “pulsioni” neo fasciste dei giovani di Fratelli d’Italia evidenziate in estate dall’inchiesta di Fanpage – la Ducetta finge di saperne poco o nulla. “Non ho capito o seguito molto la vicenda”, dice. Difficile crederle!

PdA

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