AMON ATTRAVERSA IL MARE NOSTRUM

Calgary

Amo profondamente Amantea. Ma…Il mio tormento è uno: come salvare questa città da un declino che sembra non avere fine. Durante la mia lontananza, mi dicono essere stati anni pieni di fasti e pregi. Allora era un paese turistico e ci si poteva permettere il lusso di affermarlo. Oggi, a distanza di molto tempo, non si riesce a comprendere se Amantea è ancora un paese a vocazione turistica o…
E’ chiaro, non è semplice far ripartire un paese che ha perso lo smalto ed il piacere di vivere come sua vocazione naturale, proprio per l’invidiabile posizione e non solo. Al mio tornare a vivere vicino a lei, ho trovato un paese senza più mordente, un paese pervaso dalla mediocrità e dalla corruzione. Eppure l’avevo lasciato nel suo ruolo di polo turistico, un “fiore all’occhiello” della costa tirrenica, così veniva decantata e lo si faceva con orgoglio struggente. Oggi, non credo che lo sia più.
Ciò che noto è una rassegnazione quasi acclarata. Amantea, oggi, è un paese che vive di “aria” e “sole”. Di chi è stata e di chi è la responsabilità? Forse un po’ di tutti: degli Amanteani, dell’assenza di una politica degna di tale nome, di Amministrazioni che si sono succedute nel tempo, che mai hanno pensato di investire con una vera e comprensibile progettualità , attingendo a risorse, oggi introvabili, anche per mancanza di ” Santi in Paradiso” e di forma mentis.
Mi verrebbe da affermare qualcosa di orribile come, una decadenza voluta, cercata, provocata e realizzata. Un paese di commercianti, pensionati e studenti che aspettano di spiccare il volo. Tantissimi disoccupati (troppi). Un paese con scarsa propensione all’investimento ed una bassa imprenditorialità scoraggiata dalle normative, ma anche dalla scarsa visione delle istituzioni locali.
Anche io nel mio piccolo voglio dare una mano, e così mi sono rivolto a un Dio pagano a me caro: Amon.
“Signore di ciò che è, permanente in tutte le cose,
unico in sua natura come il Seme degli dei
La tua dolcezza è nel cielo sopra di noi,
la tua bellezza rapisce i cuori, l’amore di te fa languide le braccia,
la tua forma bella rende deboli le mani, e i cuori, alla tua vista, ogni cosa dimenticano.
Tu sei l’unico che fece tutto ciò che è.”
Con questi versi gli antichi egizi onoravano e amavano Amon, una delle principali divinità della mitologia egizia, il cui culto era legato alla prima capitale dell’Alto Egitto, e che si sviluppò proprio grazie alle fortune del suo governo.
A partire dal XVIII A.C., questa divinità, prima legata alla mitologia guerriera e protettore del sovrano divenne in seguito dio supremo del pantheon divino per l’antica civiltà egizia a seguire, adorato come creatore di tutte le cose e responsabile della regolazione del tempo, delle stagioni, dei venti e delle nubi. Nella raffigurazioni si presenta di solito come un uomo con il capo coperto da una corona sormontata da due lunghe piume.
Quando, Amon espulse i sovrani di Hyksos dall’Egitto, la città di origine del vincitore, Tebe, divenne la città più importante in Egitto, la capitale di una nuova dinastia. La divinità patrono locale di Tebe, Amon, divenne quindi di rilevanza nazionale. I faraoni di quella nuova dinastia attribuirono tutti i loro successi ad Amon e produssero gran parte della loro ricchezza e catturarono il bottino sulla costruzione di templi dedicati ad Amon.
Il nome Amon significava qualcosa come “quello nascosto” o “invisibile”. Salì alla posizione di divinità tutelare di Tebe, come patrono di questa città, dopo la fine del Primo Periodo Intermedio, sotto l’undicesima dinastia.
Lo scopo di Amon era quello di introdurre e fortificare la parità tra dominatori e non-dominatori nel mondo, ma con il metodo drastico di eliminare la casta dei dominatori. Era un combattente abile, astuto e silenzioso che non mostrava paura davanti a nessuno.
Siamo tutti corresponsabili per il declino di Amantea? Non credo si possa affermare ciò.! Vi sono dei responsabili e quelli che non lo sono, guardano al futuro prossimo dei loro figli pronti a rifare la famosa valigia di cartone che era stata riposta, si pensava per sempre, nella soffitta. Sicuramente andrebbe salvato quel poco che di buono c’è, chi di buono ha fatto e ciò che di buono si è fatto.
Non c’è altro da fare che superare il profitto personale e abbandonare le vecchie logiche. Se esiste una parte sana del paese, questa va stimolata, punzecchiata. Coinvolgere le persone, i cittadini, che seppur non affrontando l’argomento son sicuro che condividono questo mio stesso intendimento. Il desiderio è di una persona nata in Via Garibaldi 78, la Via dei “Dannati”, che vorrebbe urlare, gridare, con la maggioranza del paese: “Allora che si fa”?
L’invito è di ricorrere ad un forte scatto di orgoglio comune. Tutti insieme, il sociale, il volontariato, le associazioni, i circoli; non si può restare ancorati al “contributo” che non c’è. I giovani, quelli veri, gli adulti che credono, che pensano al confronto costruttivo, devono fare un passo avanti e non aspettare che quelli delle vecchie logiche “dividi et impera” restino sempre coloro che a tutti i costi vogliono tenere lo scettro del comando.
Gigino A Pellegrini

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