Quisquilie e Pinzillacchere ma… non solo 51

MELONI: NON SONO RICATTABILE! MA SALVINI E TAJANI…

Era il tardo pomeriggio del 25 ottobre quando Giorgia Meloni sorprese tutti nel commentare, fumantina, l’appunto “galeotto” sul banco del Senato, vergato da Silvio Berlusconi su di lei: “supponente, prepotente, arrogante e ridicola”. Giudizi che, in quasi due anni di governo, si sarebbero poi rivelati profetici.
Ma allora apparvero più un atteggiamento stizzoso del Cavaliere per essere stato “snobbato” da quella che considerava una sua pupilla, avendola “fatta” ministra ad appena 29 anni.
La risposta sorprese tutti per la sintetica rudezza: “Non sono ricattabile”. Un concetto ripreso qualche mese dopo, nella conferenza stampa del 4 gennaio, aggiungendo un “Preferisco andare a casa, piuttosto”.
Caspita, disse anche chi non aveva partecipato al “plebiscito” elettorale, la politica cambia passo, la “piccola borgatara” sembra si faccia rispettare, non avrà il prestigio ed il “cursus honorum” di Draghi ma…
Niente. Solo fuffa. Salvini e Tajani, smentendola, non hanno tardato ad issare le bandierine dei rispettivi Partiti: l’autonomia differenziata e la riforma della giustizia, da “barattare” con la “madre di tutte le riforme” che Giorgia Meloni aspira ad intestarsi a futura memoria.
Il disegno è quello di “scardinare” la Carta antifascista con la “sua” nuova Costituzione: Si entrerebbe così, per la Premier, in una “vera” seconda Repubblica. I “compagni di merende” ne erano a conoscenza e hanno messo sul piatto le loro richieste: o così o cosà. E il 😂 Giorgia, “non ricattabile”, ha fatto buon viso a cattivo gioco.
La “Ducetta” le giustifica come normali “attenzioni” tra Alleati “fedeli e coesi! I vocabolari d’italiano parlano invece di “ricatto”, cioè di uno scambio (viste le ricadute) indecente tra le tre forze di maggioranza nel senso che l’una riforma avrebbe marciato in contemporaneità con le altre due. Anche perché nessuno si fidava dell’altro! E così è stato, considerando i tempi parlamentari dell’Autonomia e gli aspetti costituzionali del Premierato e della Giustizia, tutti e due soggetti a referendum abrogativi.
Vero. La riforma di Giorgia necessita ancora di più passaggi nelle due Camere ed anche quella di Nordio, che comunque non risolve i tempi dei processi ma riguarda prevalentemente i magistrati, andrà al vaglio degli italiani. Si tratta delle “bastonate” che il partito di Berlusconi, e non solo, vuole assestare ai giudici.
Ma anche per l’autonomia regionale (più corretto definirla così) l’iter sarà lungo perché due anni per fissare i Lep potrebbero non bastare. Nel frattempo la riforma resterebbe inapplicabile non potendosi trasferire una funzione senza aver prima definito i livelli essenziali delle prestazioni di tutte le altre regioni.
Intanto, per quasi due anni, in barba alle reali esigenze dei cittadini, il Governo si è occupato quasi esclusivamente di bloccare il Parlamento su premierato e autonomia che scassano gli equilibri istituzionali. Il primo alterando il bilanciamento dei poteri, esautorando il Parlamento e limitando il ruolo del Capo dello Stato. La seconda approfondendo le disuguaglianze, spaccando e “spacchettando” l’Italia.
E La Premier? Fa finta di niente e va avanti, preoccupata di non irritare una Lega che potrebbe per ritorsione chiamarsi fuori dal Premierato. Così come glissa sui rilievi della Chiesa e sulle critiche dell’Unione europea all’Autonomia.
E allora appuntamento ai referendum: Ride bene chi ride ultimo.

PdA

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