VORREI UNA VITA…

Beaumont sur Mer

Nell’ultimo trentennio, sono stati approfonditi numerosi aspetti sulla natura e sull’organizzazione produttiva di questa ultima evoluzione della  Nuova tecnologia impiegata nei processi di produzione. Ma alcune questioni, al di là delle numerose concettualizzazioni realizzate, rimangono contrastate, provocando tensioni di carattere giuridico e sociale.  Nei miei studi giovanili, la cosa che ancora oggi ricordo è che l’unica fonte del valore è il lavoro. Mentre, l’unica fonte del profitto era il pluslavoro, cioè il lavoro non retribuito.
Il plus valore è la differenza tra il valore dei prodotti creati dalla forza-lavoro ed il valore delle retribuzioni erogate dall’imprenditore ai lavoratori. Oggi, il cosiddetto plusvalore virtuale rende più facile appropriarsi di altri tipi di plusvalore. Tutte queste forme di esproprio sono in genere presentati sotto forma ideologica marxista, per poi trasformarsi in realtà virtuale nel pensiero di James Clerk Maxwell in cui un’immagine invertita appare come se fosse nel verso giusto.
Purtroppo questi non sono solo i sogni di una classe, ombre proiettate su di uno schermo virtuale, che ha spazio per molte altre proiezioni. Al di fuori della camera oscura dell’ideologia capitalista la lotta si farà sempre più dura. I collegamenti non sono stati intuiti ancora dai veri utenti che sono gli unici che potrebbero rendere questa grande e scellerata unione virtuale, reale. Potenzialmente, questa presa di coscienza da parte degli sfruttati, è possibile. Le rivoluzioni recenti conosciute come “la primavera araba” sono state caratterizzate dall’essere “prodotti” dei social media che maldestramente e con poca conoscenza sono state fallimentari.
Tuttavia, vi è una visione alternativa che è rappresentata dalla rivoluzione di strada o sul campo di battaglia. Questo senza voler sminuire l’importanza della nuova tecnologia. Alcune di queste tecnologie potrebbero servire a facilitare il rapido cambiamento sociale quando forniscono modi per superare le restrizioni alle libertà di espressione e di associazione. Questo sempre avendo il “controllo” dei nuovi utensili.In tal modo, le tecnologie di comunicazione permetterebbero la formazione di nuove identità sociali in grado di sfidare i poteri sociali esistenti, promuovendo la crescita di un movimento di massa che si posizionerebbe come fedele al proprio paese e alla sua gente, in opposizione ai vari governi liberal democratici e non.
Al vuoto creato dalla mediazione sempre più pervasiva della tecnologia indotta, reagiamo con il consumo, sempre più spesso di tipo compulsivo. La fame che è oggi tornata reale e interessa milioni di persone e famiglie alla ricerca del pasto quotidiano, è diventata anche fame di consumo. Si compra e si consuma per superare lo stress, l’ansia e la depressione, lo si fa con un appetito che non è mai soddisfatto perché mai soddisfatta è la ricerca di serenità e rilassatezza.
Poco importa se questo consumo etnologico che porta a sostituire il telefonino o l’iPod in continuazione e a cambiare il proprio iPad ad ogni uscita di un modello nuovo non abbia nulla di liberatorio. Le possibilità di miliardi di persone di essere connesse da dispositivi mobili, con una potenza senza precedenti di elaborazione, capacità di memoria, e l’accesso alla conoscenza, dovrebbero essere illimitate.Non è così! Queste possibilità stanno per essere moltiplicate grazie ad innovazioni tecnologiche in settori come l’intelligenza artificiale, la robotica, l’Internet delle cose, veicoli autonomi, la stampa 3-D, nanotecnologie, biotecnologie, scienza dei materiali, lo stoccaggio di energia, e l’informatica quantistica.
La percezione generale è che stiamo vivendo tempi di crisi profonda e di grande cambiamento. Dopo anni di prosperità e di sviluppo, facciamo fatica a comprendere perché siamo arrivati qui e viviamo nell’assoluta incertezza su ciò che potrebbe succedere. La differenza con le passate innovazioni sta nella globalità della crisi e nel fatto che tocca aspetti diversi quali l’ecologia e l’ambiente, la sovrappopolazione del pianeta, l’accresciuta disparità e disuguaglianza tra ricchi e poveri ma anche aspetti psicologici e sociali quali la crisi della famiglia tradizionale e nucleare, la difficoltà delle nuove generazioni a trovare una occupazione.
“Questa è la prima epoca che abbia prestato tanta attenzione al futuro, ma è piuttosto ironico, dato che potremmo non averne uno.”, scriveva Arthur C. Clark autore di fantascienza e inventore britannico. Noto per il suo romanzo 2001: Odissea nello spazio del 1968. Una realtà diventata sempre più iconica e simbolica, manipolata linguisticamente che riduce e trasforma la ricchezza e l’abbondanza della natura e del reale e introduce sempre nuove astrazioni in grado di portarci sulla strada malfatta, di rompere ed oscurare i legami con la realtà ed impedire di soddisfare i desideri generati da situazioni di mutamento.
Visto il pensiero unico dominate che suggerisce un approccio quasi religioso alla tecnologia, come si può uscire da questa situazione? Forse ridando senso alle cose e alla realtà significa riconoscere il potere della tecnologia e nel farlo operare un atto di radicale ridimensionamento.
Come tutti sanno, o dovrebbero sapere,  il mercato è il regno della libertà e dell’anarchia, in cui tutto è demandato alla spontaneità. In questo modello di società, il regime della fabbrica è razionalmente programmato e dispotico. La divisione del lavoro assume caratteri diversi nella fabbrica e nella società. 
Nella società ciascun produttore si organizza per realizzare consapevolmente merci vendibili, nella fabbrica ciascun lavoratore è parziale, svolge un determinato ruolo della produzione e si occupa di quella, non del risultato finale.

Gigino A Pellegrini

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